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venerdì 4 giugno 2021

IL CARABINIERE

UNA BELLA PAGINA DEL GIORNALISTA , NONCHÉ CARABINIERE  AUSILIARIO, ALBERTO BILA' DEDICATA ALLA BENEMERITA !!!

Era un uomo sulla cinquantina, semplice ma distinto. Bussò con il cappello tra le mani e chiese del maresciallo. Quel giorno era il mio turno di piantone, lo accompagnai e rimasi ad ascoltare. Non doveva sporgere una denuncia, ma parlare di suo figlio: andava male a scuola, la sera rincasava tardi. Si era rivolto a quel maresciallo dei Carabinieri, come fosse un parroco, un fratello, un amico, solo per chiedere un consiglio. E non eravamo in una Stazione di campagna, in un paesino sperduto chissà dove, ma nel cuore di Roma. Bastò questo ad aprirmi gli occhi sulla percezione che la gente ha dell’Arma. 

Ho svolto il servizio militare nei Carabinieri ormai vent’anni fa. Emozione, sorpresa, paura, orgoglio: ne ho un ricordo nitido, a tinte forti e dal sapore dolce della nostalgia. Il freddo polare e la nebbia nella caserma di Fossano vicino a Cuneo, la sveglia all’alba, l’alzabandiera, le marce nella neve, le vesciche ai piedi, i pentoloni lavati e mai puliti. E ancora: il primo sparo al poligono, le scarpe da tirare a lucido, le risate da spanciarsi coi commilitoni, la notte di Natale nella garitta a guardare i fiocchi che cadevano, gli armadietti lasciati aperti, senza lucchetto, perché tra allievi Carabinieri era come a casa, ci si poteva fidare. 

Quando mi affidarono la mia Beretta non dormii una notte intera. Il corso era finito, ora si faceva sul serio. Ero assegnato ad una Stazione: andavo in strada, tra la gente vera! Vennero le pattuglie nel quartiere, le multe, i favorisca i documenti, l’adrenalina della prima corsa con la sirena che urlava, le tante notti con gli occhi che mi si chiudevano davanti ad un’ambasciata. E anche il primo e unico arresto della mia piccola carriera da Carabiniere ausiliario: un tale senza patente che aggredì a pugni il brigadiere… e mi costò un paio di grappe buttate giù d’un sorso per fermare il cuore che batteva. Poi venne il servizio di traduzione detenuti dal carcere di Regina Coeli al Tribunale: le catene, le manette, le urla, il contatto diretto con il dolore della gente. 

Mai un giorno mi sono pentito, mai una volta ho pensato che avrei potuto impiegare meglio quell’anno. Ho diviso quei mesi con i Carabinieri veri, gli uomini che lo fanno di professione, che lasciano a casa moglie e figli e si buttano in strada sperando di rientrarvi sani e salvi, notte o alba che sia.

Oggi faccio un altro mestiere, e quando le agenzie battono le notizie di una grande operazione antimafia come di un piccolo arresto, immagino le mani, gli occhi, i cuori, la passione degli uomini che vi hanno lavorato. 

Quando incrocio una pattuglia in strada, il mio sguardo si sofferma più a lungo su quei volti. Loro non sanno perché, io sì. 
Alberto Bila'